LA FIOM E RIBELLI DELLA PIAGGIO di L. Mortara

Pubblicato il da giornaleproletariogarfagnino

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LA FIOM E RIBELLI DELLA PIAGGIO di L. Mortara

 

di Lorenzo Mortara

 

La Fiom vacilla. Dopo che le sentenze contro Marchionne le hanno lasciato, come era ampiamente prevedibile, una vittoria di carta, i nostri vertici fanno fatica a reggere la pressione congiunta della crisi, dell’attacco di Marchionne e dello spettro della scomparsa che aleggia sulle nostre teste alla Fiat. È normale, la Fiom sta risvegliandosi da un lungo sonno, e il compito che ha di fronte è enorme e pieno di difficoltà. Che non sia ancora del tutto pronto non deve spaventare. Ma per aiutare i nostri dirigenti, non si può non segnalare la reazione scomposta che hanno avuto contro i ribelli della Piaggio che hanno osato criticare la piattaforma e addirittura bocciarla.

Chi scrive, ha votato a favore della piattaforma, ma ha continui rimorsi per non aver votato contro. Nel mio piccolo, ho paragonato il mio voto favorevole al 4 Agosto di Karl Liebknecht. Quando una piattaforma non va bene, va bocciata senza troppe considerazioni machiavelliche od opportunistiche. Eppure al momento del voto è prevalsa in me l’idea che il vero problema della piattaforma fosse portarla a casa. Anche così, infatti, coi difetti che ha, la piattaforma Fiom, sarebbe manna dal cielo, se fossimo in grado di strapparla ai padroni. Resta il fatto che le ragioni dei compagni della Piaggio sono del tutto condivisibili. Non è condivisibile per niente invece, il triste comunicato con cui la Fiom nazionale ha redarguito i ribelli. È un brutto segnale, di arroccamento e di chiusura a riccio sulle proprie posizioni, in un momento in cui dovrebbe esserci invece la massima disponibilità alla discussione fraterna. I vertici non vogliono essere criticati perché evidentemente non vogliono spingersi più in là di quanto finora hanno fatto. Ed è per questo che ci sono i primi segnali di oscillazione al centro, perché o la Fiom ha il coraggio di spingersi ancora più a sinistra, o presto o tardi capitolerà a destra. Riconoscerlo sarebbe già un primo passo avanti nella direzione giusta.

I ribelli della Piaggio rinfacciano ai vertici il cedimento ai padroni per quanto riguarda il raffreddamento del conflitto. Ora, non so come avrebbe dovuto essere chiamato questo tentativo di compromesso, ma è indubbio che una oscillazione al centro ci sia stata. I nostri vertici invece di riconoscerlo, attaccano le Rsu Piaggio perché «il dissenso è parte integrante delle regole democratiche ma nel rispetto delle persone», mentre invece «linguaggi che richiamano la logica del tradimento non appartengono alla nostra storia». Non mi sembra che alla Piaggio abbiano usato il “linguaggio del tradimento”, al contrario hanno usato critiche mirate e costruttive, ma spiace che, dopo vent’anni dal crollo dell’URSS, gli stessi che gridano contro il linguaggio del tradimento, usino ancora quello della “farneticazione”, che se non è uguale è anche peggio. La direzione nazionale, infatti, non prova nemmeno ad entrare nel merito delle critiche, accusa i ribelli della Piaggio di distribuire «volantini farneticanti». Insomma, i ribelli della Piaggio sarebbero dei pazzi da internare nella peggiore tradizione dei Brežnev.

Nessuno vuole accusarli di tradimento, ma anche alla Piaggio l’avessero fatto, i generali della Fiom non avrebbero dovuto essere così duri e sprezzanti contro le critiche. Respingere senza se e senza ma le accuse, infatti, lo può fare solo chi è davvero immacolato. E la nostra burocrazia non lo è proprio. L’attuale bancarotta del movimento operaio non è dovuta solo alla crisi ma anche e soprattutto ai tanti cedimenti del passato delle burocrazie sindacali. Perché non potrebbe tradire un sindacato che ha già firmato le deroghe a Melfi, prima che 21 giorni di sciopero le rispedissero ai mittenti? Perché dovrebbe essere alieno ai compromessi al ribasso un sindacato che ha detto sì alla legge Treu e ai tanti altri taciti dissensi come nell’ultima controriforma delle pensioni del “governo amico” Prodi? Perché infine dovrebbe essere impossibile il cedimento ai padroni di un sindacato che è già capitolato altre volte senza troppo onore? Le critiche dei ribelli della Piaggio, sono una giusta spia d’allarme, ed esprimono le giuste preoccupazioni di compagni che non vogliono rivedere un film che abbiamo già visto tante volte. Preoccupazioni che alla luce della lettera dei vertici aumentano ancora. La lettera aperta che i vertici hanno indirizzato ai lavoratori della Piaggio, è infatti, per dirla con Gramsci, viziata da burocratismo dalla prima all’ultima riga. Tutto è analizzato sotto la lente delformalismo, la realtà non è mai penetrata al di sotto della superficialità.

Per mettere in cattiva luce i ribelli, i vertici Fiom, parlano di bassa affluenza alle votazioni alla Piaggio, ed esaltano il 95% di consensi avuti a livello nazionale. Non si rendono conto che questi dati, se non parlano proprio contro di loro, non parlano nemmeno a favore. Quando infatti le percentuali sono così bulgare, se non indicano un broglio, che certamente non c’è stato, indicano comunque lo scarso valore del risultato. Non è il voto che è in discussione, ma è la prassi per ottenerlo che andrebbe rivista. La dirigenza non può non sapere che in molte fabbriche non si è potuto fare assemblea per discutere i pro e contro, e che spesso i lavoratori hanno votato senza nemmeno aver letto la piattaforma, sulla base dei consigli dei delegati. Non è impossibile ma è alquanto improbabile che una votazione come questa, calata dall’alto all’ultimo minuto, possa dare risultati sgraditi. Non me la sento di criticare troppo la dirigenza per non aver trovato altro modo per validare la piattaforma, ammetto che è molto difficile trovarne un altro, tuttavia la dirigenza avrebbe dovuto almeno prendere con le pinze i dati finali, non mettersi a fare i caroselli convinta di avere chissà quale consenso.

I vertici sono preoccupati del distacco dai lavoratori della Piaggio, ma sono sicuri che il 95% dei consenzienti alla piattaforma siano così attaccati? A Mirafiori 1812 Sì alla piattaforma e 81 No. Per la Fiom questo è un«segnale che i lavoratori hanno dato a Marchionne», il segnale di chi con un«voto ha sostenuto la battaglia della Fiom». Nel frattempo la Fiom sta perdendo la battaglia perché Marchionne ha ricevuto ancora più voti, magari dagli stessi che han votato sì alla piattaforma, ma soprattutto perché dall’urna è passato a dissanguare la Fiom direttamente nel portafogli. Marchionne ha cioè capito quel che la nostra dirigenza fa ancora fatica a comprendere: il consenso nella lotta di classe non si misura nell’urna, che conta come il fante di picche, si misura nelle piazze e al momento del dunque: il giorno dello sciopero. Nessun altro consenso reale la Fiom potrà avere, perché avesse pure il 100% dei voti, se non avrà soldati sul campo di battaglia, resterà in braghe di tela. Le migliaia di croci messe per lei su pezzo di carta, senza lotta, si trasformeranno in piazza nel suo cimitero. Il compito dei dirigenti è appunto quello di non indorare la pillola ai lavoratori illudendoli che votare un Sì, sia sufficiente per sostenere una battaglia. Spesso votare sì, significa votare perché altri facciano la battaglia che noi non abbiamo il coraggio di fare, cioè perché di fatto si perda. In quel 95% di consensi la Fiom può darsi che al momento del dunque trovi una massa di indifferenti. Non voglio disprezzare chi ha votato a favore, rispettabilissimo, ma è giusto ricordare che non sono mai state le maggioranze a rappresentare il meglio, perché il meglio viene dalle minoranze. Perciò ci andrebbe più attenzione quando si dice che volantini come quelli della Piaggio «non aiutano il coinvolgimento dei lavoratori», perché rappresentano una «mancanza di rispetto totale» verso i 506 di Cervia che hanno approvato la piattaforma. Perché la burocrazia in questo modo, non si accorge, forse inconsciamente, di dire in fondo che una volta approvata la piattaforma, bocciarla è mancanza di rispetto, vale a dire che nonostante il richiamo democratico, l’idea di democrazia coincide con la devozione assoluta e strisciante ai capi.

Dunque aprano pure un confronto in Piaggio i nostri dirigenti, anzi lo facciano quanto prima, ma riflettano bene sul rapporto consenso/dissenso, perché con molta probabilità, del 95% dei consenzienti non ne troveranno altrettanti al loro fianco nelle piazze, altrimenti Marchionne sarebbe già battuto e vinto, sotto la collina... invece su quei 5% di irriducibili ribelli, la Fiom può scommettere quasi a colpo sicuro, perché rappresentano gli spiriti più critici, le nostre migliori teste, i soldati scelti della lotta di classe. Se c’è una speranza di battere Marchione risiede proprio in quel 5% di irriducibili, gli unici in fondo in grado di farlo per conto della Fiom.

Noi delegati, come tutti i veri soldati, visto che viviamo per lei, siamo pronti a morire per la Fiom. La Fiom quindi pretenda pure tutto quello che vuole da noi, ma non ci chieda anche di consegnarle le nostre teste. Le nostre teste devono rimanere sul nostro collo, altrimenti corriamo il rischio che la burocrazia, ai vertici, non ne abbia più una1.

 

 

Lorenzo Mortara, delegato Fiom

Stazione dei Celti, Novembre 2011

 

 

 

 

 

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