Wilhelm Reich gli esperimenti di coalizione fra psicoanalisi e marxismo di Riccardo Achilli
Wilhelm Reich gli esperimenti di coalizione fra psicoanalisi e marxismo
Contro la natura reazionaria del sistema freudiano si erse uno dei più brillanti allievi di Freud stesso, ovvero l'austriaco Wilhelm Reich (1897-1957). Rampollo di una ricca famiglia borghese nell'impero austro-ungarico, ebrea ma non praticante, fu segnato per sempre dalle tragedie che la distrussero (a 13 anni perse la madre, che si suicidò dopo che il piccolo Wilhelm, innocente come tutti i bimbi, raccontò al padre della sua relazione segreta con il tutore, a soli 17 anni dovette farsi carico del patrimonio di famiglia, dopo la morte del padre. Con l'inglobamento in territorio polacco di tutte le sue proprietà, dopo la grande guerra, cadde in estrema miseria e dovette trasferirsi a Vienna, vivendo di piccoli lavori). Questi avvenimenti estremi modellarono la personalità di Reich, rendendola estremamente anticonformista, soprattutto in materia di libertà sessuale e di relazioni, ma anche in campo politico e sociale.
Dal 1922 psicoanalista freudiano, fin da subito si discostò dal suo maestro, insoddisfatto per la gabbia reazionaria e piccolo-borghese dentro la quale Freud aveva costretto l'analisi dell'inconscio. Nel “Carattere Pulsionale” del 1925, confrontava un panel di nevrotici con inibizioni pulsionali con uno composto da soggetti pulsionalmente disinibiti (affetti cioè da disturbi borderline). Fu qui che per la prima volta si accorse che alcuni problemi potevano avere una relazione con la condizione sociale dei pazienti, e non semplicisticamente con repressioni sessuali, come affermava Freud. In particolare, le nevrosi sembravano essere un fenomeno di massa, e quindi andavano studiate anche sotto il profilo sociologico, cosa che cozzava contro l'ostinata neutralità politica di Freud stesso. Nel 1927, si consuma la rottura definitiva con Freud. Nel suo libro “La Funzione dell'Orgasmo”, di quell'anno, Reich asserì infatti che “la salute mentale di una persona può misurarsi dal suo potenziale orgasmatico”, spingendo all'estremo le teorie sessuali di Freud, oltre quanto lo stesso Freud fosse disposto ad andare, e quindi rigettando i metodi di sublimazione, sostenendo che questi fossero in realtà un modo per bloccare la libera espressione sessuale della personalità.
La primazia dell'energia sessuale porta anche Reich a confutare il ruolo della pulsione di morte, cui Freud, invece, nella sua ultima fase, annetteva una importanza crescente, e che Reich finì per considerare soltanto come una energia secondaria, derivata dall'insoddisfazione dell'appetito sessuale. Inoltre, abbandonò le tecniche terapeutiche freudiane, spostando il focus delle sedute dal lettino all'osservazione diretta dei movimenti muscolari (infatti, sempre secondo Reich, “la psiche e la struttura muscolare volontaria sono funzionalmente equivalenti”) ed al contatto fisico con il paziente, effettuato mediante tecniche di rilassamento delle contrazioni muscolari o dei tic cronici.
Ulteriore elemento di rottura con Freud: nel 1927, Reich aderisce al partito comunista austriaco. Scrive due testi fondamentali, “La rivoluzione Sessuale” e la “Psicologia di Massa del Fascismo” (1933), che focalizzano le sue idee politiche. Riprendendo anche il testo di Engels “Le Origini della Famiglia, della Proprietà Privata e dello Stato”, in cui lo studioso di Barmen evidenzia come il passaggio storico dalla famiglia matriarcale a quella patriarcale sia stato un elemento di segregazione della donna, e di incremento delle caratteristiche autoritarie e repressive nell'ambito delle relazioni familiari, Reich sostiene che la maggior parte della popolazione vive in condizioni di repressione sessuale, volute e create dal potere dominante, poiché questo consente di disporre di individui passivi, disposti a obbedire al capo di turno. La struttura familiare patriarcale ed autoritaria nella quale viviamo consente facilmente di trasporre tale modello sulla sfera politica, creando adesione cieca ad una figura di capo-padre della Patria. La teoria nazista della razza superiore è quindi una compensazione psicologica della repressione sessuale attuata già all'interno dell'educazione familiare. Il taylorismo, quindi la divisione del lavoro, la sua sottoposizione alle macchine utensili e la gerarchia di fabbrica sono ulteriori forme di perpetuazione della gerarchia familiare fatta di ruoli rigidi e predefiniti, e le conseguenze della repressione della sfera sessuale, che impedisce la liberazione delle energie creative dell'individuo, rendendolo uno schiavo passivo delle macchine e delle organizzazioni della produzione. Con questa lettura, il fascismo è, per Reich, "l’espressione politicamente organizzata della struttura caratteriale umana media" in quanto costituisce "l’atteggiamento fondamentale dell’uomo autoritariamente represso dalla civiltà delle macchine”.
Coerentemente con tale modo di pensare, è chiaro che la classe sociale più colpita da tale repressione sia quella proletaria, che non può accedere alle costose terapie psicoanalitiche, che non può “sublimare” le sue pulsioni, che dispone di minore cultura in materia sessuologica, e che quindi più difficilmente può avere una vita sessuale libera e consapevole, che non dispone di risorse per l'accesso ai metodi contraccettivi, e che quindi molto rapidamente si trova intrappolata in vincoli familiari in cui la numerosa prole deve essere mantenuta con le poche risorse economiche del lavoro proletario, deprimendo per sempre il libero desiderio sessuale (significativa è la ricerca di Reich sul fenomeno delle madri proletarie adolescenti, in cui dipinge l'ambiente crudo, senza amore, non di rado violento, entro il quale tali madri ed i loro figli vengono costretti a vivere, generando ulteriori castrazioni sessuali sulle future generazioni di proletari). Coerentemente con ciò, Reich (che nel frattempo si era trasferito a Berlino) inaugura nel 1931 la Sexpol, ovvero una rete di “centri popolari di igiene sessuale", per consentire al proletariato di accedere a terapie psicologiche altrimenti troppo onerose. Si stima che dalle 4.000 alle 5.000 persone provenienti dal proletariato tedesco siano state psicoanalizzate in tali centri, prima che l'avvento del nazismo costringesse Reich a chiudere bottega, fuggendo in Danimarca, Svezia, Norvegia e finalmente negli USA.
Qual'è il bilancio del tentativo di incontro fra psicoanalisi e marxismo, tentato da Reich? Davvero povero e deludente. Già dopo un viaggio nell'Urss del 1929, Reich si dichiarò profondamente deluso dallo stalinismo, da lui visto come una forma di autoritarismo paternalista sessualmente regressivo e moralistico. Nel 1933, la sua lettura del fascismo, oggettivamente non fondata sul materialismo storico, quanto piuttoso su basi psicologiche, gli vale l'espulsione dal partito (nel frattempo Stalin aveva provveduto ad estinguere la feconda esperienza della psicologia sovietica degli anni Venti, coltivata da Lenin e Trotskij, definendola una disciplina borghese edonistica e degenerata). Avvia un contatto con Trotskij, inizialmente epistolare, nel quale sottolinea l'esigenza di lanciare una “piattaforma sessuale” nell'Urss. In un successivo incontro diretto, secondo la testimonianza di Heinz Epe, Trotskij obiettò che la teoria di una politica sessuale contrastava con gli assunti del materialismo dialettico, e che lo stadio culturale raggiunto dall'Urss impediva una completa liberazione sessuale, posto che la famiglia sovietica non si era ancora liberata dai vincoli della tradizione pre-socialista. Il rapporto con Trotskij terminò quando, nel 1939, Reich bollò come “completamente fallimentare” il tentativo di costruzione della Quarta Internazionale, poiché spostava l'attenzione della rivoluzione dal terreno della psicologia di massa a quello della costruzione di organizzazioni rivoluzionarie.
Con la fine dell'esperimento di Reich, terminò anche qualsiasi tentativo serio di contatto, ad un livello pratico e non solo teorico, fra marxismo e psicologia. Nei paesi stalinisti, si virò decisamente ed esclusivamente verso le discipline psichiatriche, con i loro più poveri strumenti terapeutici di tipo farmacologico (che quindi al più curano il sintomo, ma non il male) considerati più aderenti ai criteri del materialismo socialista, mentre la psicoanalisi ufficiale coltivò un crescente disprezzo verso forme politiche, come il comunismo, che collocano le problematiche collettive davanti a quelle individuali, come dimostrano, ad esempio, le annotazioni fortemente critiche sul comunismo da parte di Jung, e della Von Franz, sua principale collaboratrice, nei loro scritti.
Riccardo Achilli