DOVE VA LA LIBIA?

Pubblicato il da giornaleproletariogarfagnino

images--11-.jpg

 

DOVE VA LA LIBIA?

 

Dopo Gheddafi, la barbarie! È questo lo scenario immaginato per la nuova Libia dal compagno Achilli. Per quanto pessimista, il quadro che dipinge, è del tutto possibile e le probabilità sono anche elevate. Eppure non è né col metro del pessimismo né con quello dell’ottimismo che dobbiamo guardare il futuro della Libia, ma con quello della rivoluzione. L’abbattimento del regime apre o meno più possibilità per la rivoluzione socialista? La risposta è sì, senz’altro, perché è il proletariato a fare un passo avanti, di conseguenza l’imperialismo ne ha fatto uno indietro. Prima avevamo la doppia dittatura di un colonnello borghese in combutta con l’imperialismo, ora tolto di scena il colonnello, avremo al suo posto un potere che dovrà essere la mediazione tra la Nato e le masse ribelli. Le prospettive per le masse sono nettamente migliori rispetto a prima, specialmente se sapranno sfruttare le occasioni. Il compagno Achilli vede nero perché il suo pessimismo è ammantato di idealismo. Fin dal titolo delle sue considerazioni sembra quasi che prima della barbarie ci fosse il Paradiso Terrestre della jamāhīriyyaIn realtà lajamāhīriyya, ammesso che sia mai iniziata, era in pratica già finita da quando Gheddafi aveva cominciato a riavvicinarsi all’imperialismo. Alla stessa maniera dire che la Libia diventerà una dépendance delle potenze imperialiste, è come dire che prima ne fosse indipendente. Tuttalpiù, se all’imperialismo riuscirà di sostituire Gheddafi con altri fantocci che ne facciano in tutto e per tutto le veci, la Libia dentro e fuori dipenderà dalla barbarie tanto quanto prima. Ma è proprio qui il punto: riuscirà l’imperialismo a sostituire Gheddafi con un suo clone? La caduta del Rais con l’interventodiretto delle masse, lascia pensare che non sarà così semplice. Le potenze imperialistiche chiederanno trattamenti di favore che difficilmente il Cnt potrà rifiutare. Ma non è importante che si rifiuti il Cnt, fondamentale è che si rifiutino le masse, costringendo il Cnt a fare altrettanto. Inoltre, sotto la spinta delle masse, il Cnt potrebbe autonomizzarsi parzialmente o addirittura totalmente dall’imperialismo. Il Cnt è in gran parte composto da ex uomini di Gheddafi compromessi con l’imperialismo. Ma così come dalla difesa son passati all’attacco di Gheddafi, alla stessa maniera potrebbero trasformarsi da agenti dell’imperialismo a vigili della rivoluzione. Qualche sintomo c’è già e lo abbiamo visto. Purtroppo, la maggior parte dei compagni vede solo le etichette delle persone, non sa seguirne il movimento incessante di trasformazione. Il marxismo è una teoria dinamica non statica. Le masse potrebbero mettere alla corde molto presto il Cnt, quando si accorgeranno che senza rivoluzione socialista nessun programma potrà essere attuato, tanto meno quello borghese. Le illusioni sui filantropi imperiali, assolutamente comprensibili per chi ha visto la morte in faccia, potrebbero sparire ancor prima se le masse non li vedranno andarsene al più presto.

Tutto è ancora in gioco, ma lo scenario previsto da Achilli, si basa su sull’erroneo giudizio di un arretramento del proletariato libico. Eppure, con la caduta di Gheddafi, per quanto poco, il proletariato è avanzato. La Libia non si è affatto persa la possibilità del tutto immaginaria di sperimentare una via autonoma al suo sviluppo. Non bisogna confondere le intenzioni ideali coi loro contenuti reali. La jamāhīriyya non era un regime delle masse, ma il regime proprio di Gheddafi per il suo sviluppo autonomo dalle masse. Inoltre, si è sempre basata sul capitalismo, cioè su un modo di produzione che in un modo o nell’altro deve ricollegarsi col mercato mondiale. Ecco perché pian piano Gheddafi è ritornato tra le braccia dell’imperialismo. Ora, con l’assemblea costituente, se ci sarà, è il proletariato libico che ha la possibilità col ripristino dei suoi diritti borghesi, di ricominciare uno sviluppo autonomo. La borghesia cercherà di integrarsi sempre di più nel mercato mondiale, il proletariato libico dovrà in un modo o nell’altro disintegrare la borghesia. In questo sarà aiutato dal vento di protesta che soffierà ancora un po’ dovunque, grazie a questo primo parziale successo libico. Noi dobbiamo cercare di essergli al fianco, per toglierli tutte le numerose illusioni che ancora si fa sui suoi falsi amici.

Appena abbattuto il regime, le azioni dell’Eni sono salite. Segno inequivocabile della vittoria borghese, dicono in tanti. No! Segno soltanto di una vittoria combinata e mediata con l’intervento imperialistico. Nonostante la nostra presenza, la borghesia scommette su sé stessa perché ha fiducia in sé stessa. In tutto l’articolo del compagno Achilli manca il coraggio, l’elemento più importante di un carattere rivoluzionario, come se gli operai potessero fare solo da spettatori. Eppure gli operai, nel bene e nel male, sono i protagonisti indiscussi della Storia. Achilli gli fa recitare la parte di sconfitti prima del tempo. Può essere che alla fine sarà così, ma a noi per ora tocca solo fare la nostra parte. Perciò noi, analogamente alla borghesia, scommettiamo sulle masse perché dobbiamo avere piena fiducia in loro. Giochiamoci il pessimismo di Achilli, male che vada, dovessimo perdere, ci resterà più soltanto il suo ottimismo. Nella perdita sarà il più grosso dei guadagni.

 

 

Stazione dei Celti

Mercoledì 24 Agosto 2011

Lorenzo Mortara

Fiom-Cgil

 


Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post